etica

"... Non vogliate negar l'esperienza di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". (Dante, Inferno canto XXVI, 116-120).


Finanza etica - Non tutti i bisogni sono solvibili



(prof.  Romeo CIMINELLO)

L’economia attuale sembra spingersi sempre di più verso ciò che si chiama “libero mercato”. Con questa parola si vuole affermare la centralità dei prezzi come indicatori e dello scambio come momento fondante della relazione sociale, rispetto all’antropologia umana che invece pone al centro la personalità dell’uomo rispetto ai suoi bisogni che sono di diversa natura e cioè naturali, personali, relazionali, e spirituali. Da qui si comprende agevolmente come il mercato, per quanto libero, non possa soddisfare tutti i bisogni dell’essere umano perché non tutti i bisogni sono «solvibili», vale a dire che dispongano di un potere d'acquisto o che siano suscettibili di essere acquistati sul mercato, e che non tutte le risorse sono «vendibili», vale a dire cioè, in grado di ottenere un prezzo adeguato. Esistono perciò numerosi bisogni umani che non hanno accesso al mercato ed altrettanti beni che non possono essere legittimamente prezzati (Giovanni Paolo II, Enciclica Centesimus Annus n. 34).
Di fronte a questo limite del mercato ci si accorge che bisogni collettivi e qualitativi non possono essere soddisfatti mediante i suoi meccanismi e che ci sono esigenze umane importanti che sfuggono alla sua logica perché ci sono dei beni che, in base alla loro natura, non si possono e non si debbono vendere e comprare (Giovanni Paolo II, enc., C.A. n.40.2).
Se il mercato non è la soluzione giusta, dove possiamo ricercarla? Credo che essa vada ricercata nel senso della solidarietà che deve permeare anche la vita economico-sociale. La solidarietà permette infatti di tenere in massimo rilievo la responsabilità di ciascuno rivolta alla salvaguardia della dignità umana in ogni suo aspetto nonché alla promozione di tale dignità nell’ambito della sua vocazione integrale e per il bene dell'intera società. L'uomo infatti è l'autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale (Concilio Vaticano II, Costituzione Pastorale Gaudium et Spes n. 63.1). Ecco dunque che il fondamento dello sviluppo dell’attività economica dell’uomo non può ridursi alla mera crescita economica o patrimoniale, ma perché ci sia sviluppo autentico esso deve essere integrale, vale a dire rivolto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo  (Paolo IV, Enciclica Populorum Progressio, n.14).
Tali esigenze conducono quindi alla necessità di introdurre nuovi meccanismi come la finanza etica, di cui sentiamo sempre più parlare, ma che non sempre riusciamo ad inquadrare con proprietà concettuale.
Definirei la finanza etica come Strumento di sviluppo solidale a sostegno delle attività di promozione umana con obiettivi di bene comune propriamente inteso”. Questa definizione   apparentemente complessa esprime in maniera chiara ed inequivocabile l’esistenza di una tangibile alternativa al concetto di finanza tradizionale pur senza tuttavia rigettarne i meccanismi essenziali. La differenza evidente tra le due configurazioni è data dal fatto che la finanza etica si riferisce alla persona umana come destinatario ed al suo sviluppo come obiettivo, mentre quella tradizionale pone come suo obiettivo il maggior rendimento economico possibile e come destinatario il capitale inteso come motore speculativo. Inoltre mentre la finanza etica privilegia l’uomo e l’idea progettuale con la giusta remunerazione dell’investimento, quella tradizionale si muove all’interno di un mercato che fonda la propria remunerazione sulla legge della domanda e dell’offerta, al di là di ogni nozione di equità e che non fonda certo i suoi principi sull’idea di giustizia commutativa. Vorrei ricordare infatti che la giustizia commutativa è una delle tre dimensioni della giustizia sociale, le altre due sono: la giustizia redistributiva e la giustizia legale.
L’accumulo di ricchezza generato dalla finanza tradizionale può nella maggior parte dei casi chiamarsi “Capitalismo di sottrazione” che è la prassi in uso di far valere il prezzo di mercato e non il valore effettivo, come fattore di riferimento, dando a chi ha maggior forza contrattuale la possibilità di approfittare di differenze di prezzo, legalmente giuste, ma moralmente illegittime, spropositate nei confronti della parte più debole. Mentre l’accumulo di ricchezza della finanza etica si esprime attraverso un “Capitalismo di addizione” che è quello virtuoso dell’imprenditore che addizionando i fattori produttivi, crea prodotti la cui vendita ad un prezzo equo di concorrenza effettiva copre i costi e permette l’autopotenziamento dell’impresa ed è rivolto allo sviluppo del contesto sociale.
La finanza etica poi va inquadrata in due grandi branche: il credito etico e la finanza etica, senza dimenticare il  commercio equo e solidale e le  botteghe del mondo.
E’ importante fare questa distinzione perché mentre il credito etico riguarda attori e strumenti bancari, erogati nel nostro Paese per es. da Banca Etica, Banca Etica Adriatica e Banca Prossima, come finanziamenti sia di capitale di finanziamento che di funzionamento, ad imprese che privilegiano l’utilità sociale rispetto alla massimizzazione del profitto, nonché finanziamenti di microcredito; la finanza etica riguarda invece attori e strumenti di investimento es. fondi etici, project financing, finanza pubblica, micro finanza.
Riguardo al credito etico possiamo dire che si tratta di un'idea grandiosa, ancorché tutta da assimilare nella nostra cultura, che ha come obiettivo ambizioso quello di  introdurre un cambiamento copernicano nel sistema bancario, ovvero garantire il credito a soggetti che le banche tradizionali classificano come “non bancabili” cioè non degni di fiducia perché privi di garanzie patrimoniali,  ma che invece hanno un progetto economicamente sostenibile e socialmente importante, capace di generare non solo ricchezza ma anche lavoro.   
Il microcredito, finanziando queste necessità primarie, di solito strumenti come computer, ciclomotori ed altre attrezzature elementari, con piccole somme riesce a permettere l’avvio delle attività, altrimenti non consentite dal credito tradizionale. Stessa cosa dicasi per la micro finanza, rivolta al finanziamento di piccoli progetti imprenditoriali soprattutto per lo sviluppo del terzo mondo. Il microcredito  è il finanziamento effettuato alla persona, mentre la micro finanza riguarda  piccoli finanziamenti erogati per progetti di sviluppo di microimprese di solito a carattere familiare.
I fondamenti della finanza etica sono rappresentati dalla scelta umana dell’investimento, dal senso del progetto di vita che si vuole sostenere ed al quale si sceglie di aderire in piena trasparenza, mirando ad un risultato socialmente rilevante.  
In Italia sono state codificate in sette punti le caratteristiche della  Finanza etica pubblicate nel Manifesto della finanza etica (“L'Euro Solidale” di Elisa Baldessone, Marco Ghiberti):   
1.      Ritiene che il credito, in tutte le sue forme, sia un diritto umano;
2.     Considera l'efficienza una componente della responsabilità etic;
3.        Non ritiene legittimo l'arricchimento basato sul solo possesso e scambio di denaro;
4.        E' trasparente;
5.      Prevede la partecipazione alle scelte importanti dell'impresa non solo da parte dei soci ma anche dei risparmiatori;
6.        Ha come criteri di riferimento per gli impieghi la responsabilità sociale e ambientale;
7.        Richiede un'adesione globale e coerente da parte del gestore che ne orienta tutta l'attività.

In tale contesto quindi è utile ricordare che i primi fondi etici sono stati il Pax World Fund (Usa 1971), il Friends Provident Stewardship fund (UK 1984) e il San Paolo Azionario Internazionale Etico  (Italia 1997). Nella valutazione della gestione di questi fondi sono stati introdotti dei criteri che hanno definito l’effettiva appartenenza alla categoria dei “Fondi etici”: i criteri negativi (o di esclusione) e criteri positivi (o di inclusione), ovvero indicatori maggiormente in uso per definire quello che viene comunemente chiamato “Il rating etico” che è una valutazione sintetica di un investimento finanziario secondo criteri socialmente responsabili.
La finanza etica si avvale dei cosiddetti indici etici, indicatori del mercato azionario individuati per selezionare imprese socialmente responsabili in base alla loro rispondenza a determinati requisiti sociali e ambientali. Il primo indice etico internazionale è stato il  DSI 400 (Domini Social Index 400) (Usa 1990)  lanciato nel 1990 dalla società statunitense di analisi e ricerche sulla sostenibilità Kld, l’attuale indice  Msci Kld 400 Social Index. Anche la Borsa di Londra si è dotata  dal 2001 di un indice ispirato ai principi e criteri di responsabilità sociale e grazie alla consulenza dell’istituto di ricerca britannico Eiris, l’indice Ftse4Good. L’indice etico più famoso comunque  è il Dow Jones Sustainability Index (Usa 2003). In Italia il primo indice etico italiano è FTSE ECPI Italia SRI Index che analizza periodicamente la documentazione pubblica delle prime 100 società quotate su MTA ( Mercato Telematico Azionario).
I criteri negativi riguardano l'industria degli armamenti, del gioco d'azzardo o della pornografia. Criteri che vengono applicati non  solo alle imprese operanti in un determinato settore, ma anche gli Stati: possono essere esclusi infatti i titoli di Stato di Paesi che applicano la pena di morte, la tortura o che sono responsabili di sistematiche violazioni dei diritti umani. I  criteri positivi sono quelli che consentono di selezionare imprese o Stati considerati virtuosi e quindi degni di ottenere finanziamenti per il loro manifesto impegno nella tutela del capitale ambientale, sociale ed umano. I criteri positivi poi  possono essere distinti i tre ambiti: ambientale, sociale e di governance, ovvero la politica di gestione dell’impresa, le sue scelte strategiche operate attraverso il top management concernenti mission e vision  in termini di obiettivi di sviluppo sostenibile. I criteri di inclusione in ambito sociale identificano comportamenti meritevoli da parte di imprese e Stati in tema di rispetto dei diritti umani, dei minori e dei lavoratori, tutela della salute e della sicurezza sociale, impegno a favore dell'inclusione sociale delle categorie svantaggiate e del dialogo con le comunità ed i gruppi di interesse ad ogni livello. Esempi di criteri positivi nell'ambito della governance sono rappresentati, nel caso degli Stati, dal rispetto dei diritti civili e politici senza pregiudizi di tipo razziale, etnico, religioso o di genere, dall'impegno nella salvaguardia e nella promozione della pace attraverso il dialogo diplomatico, dall'intervento a sostegno di Paesi non sviluppati, di quelli colpiti da guerre o catastrofi naturali e delle popolazioni del terzo mondo, dalla rinuncia all'applicazione della pena di morte e dall'assenza di corruzione nelle strutture dello Stato; nel caso delle imprese, dall'adozione di criteri di trasparenza nell'amministrazione finanziaria, dall'assenza di episodi di corruzione e concussione, dalla gestione efficace dei rischi sociali ed ambientali, dall'instaurazione di relazioni stabili e positive con gli azionisti. C’è da rilevare infine che pur se risulterebbe quanto mai auspicabile che ogni fondo di investimento etico avesse un Comitato etico, attualmente soltanto alcuni se ne sono dotati e non sempre rispondenti alla “rigorosità etica” valutata anche sotto il profilo tecnico, ma con inserimenti di criteri di “consenso” legati alla “compliance” al commercio equo e solidale, ai premi e riconoscimenti sociali o ad appartenenze religiose.  Riguardo ai capitali investiti, i fondi etici gestiscono in Europa circa 75 miliardi di euro in Green social and ethical fund in Europe; il Paese dove la finanza etica è più diffusa è la Francia con 27 miliardi di euro; in Italia la finanza etica è appena a 2,3 miliardi di euro.

Gli strumenti della Finanza etica
Poiché, come abbiamo osservato, non esiste una definizione univoca di finanza etica, in termini di concretezza tangibile si indirizza su tre applicazioni riferite agli strumenti finanziari:
1. il microcredito, che nasce come strumento di sviluppo economico che permette l'accesso ai servizi finanziari alle persone in condizioni di povertà ed emarginazione specialmente in quei paesi in cui non è presente uno sviluppo di carattere industriale come nei paesi in via di sviluppo dove tantissime famiglie riescono a sopravvivere grazie al lavoro svolto come artigiani o nelle loro piccole imprese agricole o cooperative di produzione nell'ambito di quella che è stata definita economia informale o meglio ancora sfera del lavoro sommerso.
Per queste famiglie l’impossibilità di accedere al prestito bancario a causa dell'inadeguatezza o della mancanza di garanzie reali e delle microdimensioni imprenditoriali, ha significato da un lato l’accettazione di immensi sacrifici, però dall’altro ha anche sviluppato un acuto e profondo senso di solidarietà che ha portato alla creazione delle cosiddette “tontines”. Con questo nome si suole indicare una prassi di compartecipazione ad uno schema di fondo comune che prende il nome dal suo ideatore Lorenzo Tonti, un banchiere napoletano, che intorno al 1653 iniziò questo tipo di schema finanziario. Le tontines sono quindi delle associazioni molto antiche in cui i partecipanti pagano una quota e alimentano una cassa comune di cui ciclicamente dispongono per portare a termine i loro progetti. Tale piccola e primitiva organizzazione finanziaria ha permesso alle famiglie e soprattutto alle imprese ritenute troppo piccole dalle banche tradizionali per ottenere credito di svolgere egualmente le proprie attività produttive e di avviarsi e svilupparsi libere dall'usura.
2. la microfinanza è rivolta alle fasce di popolazione più deboli così come attuata dalle Banche dei poveri nei paesi del Terzo mondo e, in anni recenti, anche in quelli ricchi. La situazione di crisi che si è verificata negli ultimi tre anni comunque, ha sviluppato anche nel nostro Paese flussi di micro-finanza soprattutto per la piccola impresa e gli artigiani che ai canali tradizionali non possono accedere e si devono rivolgere quindi al social lending o prestiti peer-to-peer. Queste aree del microcredito e della microfinanza possono esse classificate come sostegno al fabbisogno finanziario indistinto e senza vincoli di destinazione per l’avvio e sostegno di attività economiche definibile come "lotta all'esclusione finanziaria";
3. l'investimento etico, cioè la gestione dei flussi finanziari raccolti con strumenti quali i fondi comuni per sostenere organizzazioni che lavorano nel campo dell'ambiente, dello sviluppo sostenibile, dei servizi sociali, della cultura e della cooperazione internazionale.    

Queste sono solo alcune delle argomentazioni a testimonianza della complessità della materia e delle molte problematiche che la finanza etica suscita all’economia sociale e che tengono vivo il dibattito su tale realtà e la cui risposta per la portata delle sue implicazioni non può essere data in questa sede ma potrà costituire oggetto di approfondimento e studio di future analisi per coloro che credono negli ideali di fraternità del genere umano come è stato sottolineato nell’VIII Convegno di Greccio – I Francescani e l’uso del denaro – tenutosi il 7-8 maggio 2010. 
Cronache e Opinoni,  Giugno 2011.  

2 commenti:

  1. !!! PRENDETE IL TEMPO DI LEGGERE CE PROVA CHE HA CAMBIARE LA MIA VITA !!!
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