etica

"... Non vogliate negar l'esperienza di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". (Dante, Inferno canto XXVI, 116-120).


lunedì 7 maggio 2012

Etica nella "Società della conoscenza"



Ma un'altra forma di proprietà esiste, in particolare, nel nostro tempo e riveste un'importanza non inferiore a quella della terra: è la proprietà della conoscenza, della tecnica e del sapere. Su questo tipo di proprietà si fonda la ricchezza delle Nazioni industrializzate molto più che su quella delle risorse naturali.  Si è ora accennato al fatto che l'uomo lavora con gli altri uomini, partecipando ad un «lavoro sociale» che abbraccia cerchi progressivamentepiù ampi. Chi produce un oggetto, lo fa in genere, oltre che per  l'uso personale, perché altri possano usarne dopo aver pagato  il giusto prezzo, stabilito di comune accordo mediante una libera trattativa. Ora, proprio la capacità di conoscere tempestivamente i bisogni degli  altri uomini e le combinazioni dei fattori produttivi più idonei a soddisfarli,  è un'altra importante fonte di ricchezza nella società moderna. Del resto, molti beni non possono essere prodotti in modo adeguato dall'opera di un solo individuo, ma richiedono la  collaborazione di molti al medesimo fine. Organizzare un tale sforzo produttivo, pianificare la sua durata nel tempo, procurare che esso corrisponda in modo positivo ai bisogni che deve soddisfare, assumendo i rischi necessari: è, anche questo,  una fonte di ricchezza nell'odierna società.  Così diventa sempre più evidente e determinante il ruolo del lavoro umano disciplinato e creativo e - quale parte essenziale di tale lavoro - delle capacità di iniziativa e di imprenditorialità. (G.P. II - Centesimus annus n. 32).Nella mia posta elettronica qualche settimana fa ho trovato un invito per il 5 maggio ad un convegno dal titolo “Un’idea geniale per l’economia la politica la cultura – La triarticolazione sociale di Rudolf Steiner” il cui relatore era Pietro Archiati. La sede era nell’Aula Magna della Facoltà di Economia dell’Università La Sapienza  e gli organizzatori  facevano riferimento ai due siti: www.archiatiedizioni.it e www.liberaconoscenza.it .Il convegno si articolava su una serie di incontri nell’arco di tre giornate ed io non avendo molto tempo a disposizione ho scelto di partecipare sabato 5 maggio all’incontro “CAPITALI CORAGGIOSI, UOMINI LIBERI: come il denaro può circolare nelle tasche di tutti”. Nel volantino c’era un accenno a Rudolf Steiner, ma senza particolari spiegazioni. Essendo il titolo dell’incontro molto interessante pensavo di poter partecipare ad un dibattito che mi permettesse di confrontarmi sui temi etici volti al cambiamento dell’economia e della finanza sui quali sto lavorando da circa vent’anni. Quale delusione invece quando mi sono trovato nella suddetta Aula Magna Ezio Tarantelli a sentir parlare questo relatore che, (essendo io giunto con qualche minuto di ritardo) stava già “imbonendo” un centinaio di partecipanti la cui età media era certamente al di sopra dei 45 se non 50 anni. Lì per lì non mi resi immediatamente conto del contesto, poi man mano che parlava e scriveva alla lavagna, capii che si trattava di una lezione di antroposofia, vale a dire una cosa a metà fra l’antropologia e la filosofia……una sorta di confusione del pensiero potremmo dire. Non tanto per la contrazione del termine, quanto per la maniera di presentare i concetti. Il Relatore infatti oltre ad usare i toni del venditore ambulante con alti e bassi e sottolineature di parole con voce “strascicata”, faceva voli pindarici tra concetti di Talento, lavoro, produzione, proprietà ecc., sì da rendere difficile per chiunque lo volesse, fare chiarezza di concetti. Eppure le persone stavano lì ad ascoltarlo. E’ vero che chiunque ha diritto di esprimere le proprie opinioni anche se errate, ma essendo l’Aula magna della facoltà di Economia, pensavo che gli ascoltatori fossero studenti o quanto meno persone “del mestiere”, che fossero in grado di capire gli errori. Con mio vivo disappunto invece devo ritenere che non solo non avessero cognizione di cosa sia l’economia, ma che avessero anche difficoltà di comprensione dei termini di antropologia e di filosofia. Man mano che il relatore Pietro Archiati parlava, mi rendevo sempre più conto del perché della povertà intellettuale, etica e religiosa che si riscontra oggi nello smarrimento della ragione. Infatti con segni quasi indistinguibili sulla lavagna il relatore disegnava un grande 8 ponendo il primo cerchio come l’intelletto e la produzione, ed il secondo come economia del denaro in cui si espleta il commercio e poi aggiungeva un ulteriore cerchio nella parte inferiore del grande 8 per rappresentare l’economia finanziaria configurata nelle borse. Il tutto sottolineato da toni di grande consenso o di grande biasimo per giungere a parlare del reddito sociale garantito tradotto in tedesco in Grundeinkommenfürallen, prodotto dalla interazione tra economia del lavoro ed economia del denaro, a cui ognuno ha diritto. Anzi Pietro Archiati asseriva che in Italia ciascun abitante poteva essere fruitore, senza fare nulla, di almeno 1.500 euro al mese, per cui in una famiglia di 6 componenti sarebbero dovuti entrare gratuitamente circa 9.000 euro mensili! Quindi si può star tutti bene senza lavorare, perché in giro ci sono soldi abbastanza per soddisfare le esigenze di ciascuno!! Io a mezza voce commentavo: Sì, ma questi soldi chi li produce? Chi li distribuisce? Chi ne controlla il valore? Senza addentrarmi di più nelle sue affermazioni che individuavano nel risparmio la rovina della società e nella necessità di far sparire i soldi donando o comprando, il suo riscatto. Asseriva ancora con molta serietà che “per far sparire i soldi che sono l’origine dei nostri mali generati dal risparmio indotto dai sentimenti di brama o di paura dobbiamo comprare o meglio donare il più possibile alla guida spirituale che ha talento e quindi è produttivo di bene, per permettergli di dedicarsi alla produttività di cui tutti possiamo godere”. Detto ciò si addentrava nei concetti di proprietà privata e pubblica, da lui confusa con il concetto di possesso, specificando che la prima sosteneva i talenti, ma era succube dell’egoismo, mentre la seconda induceva alla pigrizia e pertanto per evitare entrambi i vizi l’alternativa alle proprietà era l’indirizzare i capitali verso coloro che possiedono talenti e che quindi usano il denaro per produrre beni. In altri termini bisogna introdurre l’antropocrazia, che pur se poco decifrabile come termine in sé, penso sia da ricondursi a questa sorta di devoluzione. Detto questo vorrei sottolineare che non solo i miei vicini di banco erano attenti e rapiti dai discorsi dell’imbonitore, che tra l’altro consigliava di acquistare i libri di Rudolf Steiner ben disposti ai piedi della cattedra, ma che non si lasciavano assolutamente distrarre dalle mie insistenze a bassa voce sulle incoerenze e astrusità dei discorsi in termini economici. Per certe cose infatti poteva anche aver ragione, ma non certo nei termini con cui le esponeva. Cercavo di far capire loro a voce sommessa, che il modello economico esistente non funziona, non perché sia errato in sé, bensì per via delle distorsioni causate dalla mancanza di etica, dal cosiddetto capitalismo di sottrazione, dalla mancanza di giustizia sociale e dalle cosiddette “strutture di peccato” create dalla brama di profitto e dalla sete di potere. La confusione che il nostro Relatore faceva dei vari ambiti attinenti all’economia, alla finanza, al lavoro, all’economia monetaria con quelli della teologia relativa alla fede e della filosofia riconducibile alla ragione, non lasciava spazi a dubbi: il relatore non aveva interesse a trasmettere conoscenza, ma aveva altri fini, uno tra i quali probabilmente, vendere libri e l’altro ripagarsi i costi del convegno (stimati in 7.900 euro). Ma allora perché gli è stata dato il permesso di parlare in un’Aula universitaria? L’Università deve avere il carattere della scientificità per promuovere la propria autorevolezza. La conoscenza è innanzitutto conoscenza scientifica. Perché in questo caso non si è controllato il carattere scientifico delle relazioni? Il relatore avrebbe potuto trovare tante altre sedi per fare i propri discorsi e non certo deprimere la reputazione di una prestigiosa Università. Ma il Rettore ne era al corrente? Il preside come ha potuto dare il proprio assenso? E’ stato fatto per motivi economici? Tutti sappiamo che il sapere scientifico deve essere orientato alla conoscenza precisa dei fatti e della fenomenologia tecnica nonché socio-politico-economica. La società della conoscenza che abbiamo creato si basa su canoni concreti di “verità” scientifiche, ben individuate in differenti discipline e teorie coerenti. Perché si è dato spazio alla confusione? Per trasmettere il sapere scientifico occorre onestà, occorre liberarsi dalle ideologie e pertanto occorre un’etica vera e noi sappiamo che l’etica è orientata alla conoscenza del bene nelle sue dimensioni. Allora il pensiero che vorrei veicolare è legato proprio alla trasmissione della conoscenza: se questa è posta al servizio di finalità diverse, se è legata ad ideologie supportate da illazioni demagogiche, se è diffusa da “falsi profeti” in strutture credibili, allora non possiamo lamentarci dell’attuale situazione. L’uomo dice Bernard J. Lonergan, deve fare tre conversioni per giungere alla sua propria natura attraverso l’esperienza, la comprensione ed il giudizio. La conversione intellettuale a livello antropologico, la conversione morale a livello sociologico e la conversione religiosa a livello trascendente. Solo così l’uomo può uscire da se stesso e divenire elemento di conoscenza universale. Solo così potrà gestire i fenomeni economici. Solo così potrà ordinare il tessuto sociale alla fiducia. Solo così sarà in grado di raggiungere il bene comune attraverso la propria azione politica! Una società della conoscenza senza Etica e che scegliesse altri fini di natura economica o di falso ideologico è una società destinata all’autodisintegrazione.